Il sessantotto tra rivoluzione e restaurazione by Guido Viale;

Il sessantotto tra rivoluzione e restaurazione by Guido Viale;

autore:Guido Viale; [Guido Viale]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788885747036
editore: edigita
pubblicato: 2018-05-03T22:00:00+00:00


Seconda parte

A mirafiori

Da Valletta alla vertenza sul cottimo

Lo sciopero per le pensioni

7 marzo ’68. La Cgil indice uno sciopero generale per le pensioni. In provincia di Torino aderisce anche la Uil.

Alla Fiat lo sciopero di ventiquattro ore riesce pienamente. Più di un migliaio di studenti medi e universitari partecipano ai picchetti. Gli operai, in gran parte già collegatisi squadra per squadra passando parola in fabbrica nei giorni precedenti, restano tutti fuori.

Lo sciopero generale per le pensioni dimostra ai sindacalisti che alla Fiat si è ormai coagulata una decisa volontà di scendere in lotta. Così si affrettano i tempi dell’apertura di una vertenza aziendale sul cottimo pronta da un anno, ma rimasta fino ad allora nei cassetti degli uffici sindacali. Comincia la prima delle lotte esemplari del ’68.

La vertenza generale per le pensioni del ’68 è un momento di raccolta di una forza operaia che ormai deborda dai limiti imposti dalla contrattazione articolata azienda per azienda. E che, nella se­conda metà del ’67, contraddistingue quella che in linguaggio sin­dacale viene ormai unanimamente definita una «ripresa rivendi­cativa».

È un fatto strutturale. Essa registra innanzitutto la fine dei vantaggi sul mercato del lavoro che il capitale aveva ottenuto con la cosiddetta «congiuntura».

Dal sindacalismo aziendale al vuoto sindacale

La congiuntura del ’64-’65 segna il destino del centro-sinistra (l’alleanza della Democrazia Cristiana e dei suoi partiti satelliti con il PSI, per dividere il movimento operaio ufficiale ed emarginare il Pci), prima ancora del suo effettivo insediamento al governo.

Negli anni Cinquanta l’isolamento degli operai della Fiat dal resto della classe, che bene o male continuava a scioperare, era stato perseguito con la feroce repressione e con il sostanzioso paternalismo aziendale che portano il nome di Valletta: il despota indiscusso della fabbrica torinese, rimesso in sella dal Pci dopo l’epurazione con cui la Resistenza lo aveva allontanato dal suo posto di comando.

Quando paternalismo e repressione cominciano a «mostrare la corda» di fronte alle tensioni sul mercato del lavoro provocate dal miracolo economico – e alle difficoltà di usare questi strumenti con la nuova leva di operai immigrati che riempie la fabbrica nella seconda metà degli anni Cinquanta – la Fiat «apre a sinistra». Ma questa svolta arriva troppo tardi.

La liquidazione del sindacalismo aziendale viene imposta con la forza, e dal basso, dalla rivolta di Piazza Statuto durante gli scioperi contrattuali del ’62. Gli scontri si innescano durante una manifestazione contro la Uil, che insieme al Sida (Sindacato dell’Auto di pura marca aziendale) aveva concluso con la direzione della Fiat un accordo separato per sottrarre gli operai alle lotte contrattuali. Dell’operazione si devono così far carico la Cgile la Cisl, con un nuovo accordo separato (di acconto), firmato a meno di due mesi dal primo. Il vecchio sindacalismo sparisce senza che il nuovo abbia il tempo e l’occasione di subentrare al suo posto. Il sindacato della programmazione nasce morto nella fabbrica che dovrebbe costituire il suo banco di prova.

Questo vuoto sindacale si farà sentire, e gli operai se ne avvantaggeranno, per almeno dieci anni: fino al ’72.

La forza operaia emersa



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